L’anno horribilis 2020 si chiude, per fortuna, con un bel regalo per l’ambiente, il paesaggio e la loro salvaguardia.
Poco prima di Natale, infatti, la Corte Costituzionale – chiamata in causa dal TAR del Lazio per dirimere una questione sollevata da alcuni costruttori contro l’ampliamento del Parco dell’Appia Antica – ha clamorosamente affermato la priorità della tutela ambientale e paesaggistica sugli interessi edificatori richiamandosi all’art. 9 della Costituzione.
Si tratta indiscutibilmente di una vittoria della Regione Lazio – in particolare dei consiglieri Marta Bonafoni (Lista civica Zingaretti) e Marco Cacciatore (Gruppo Misto) che avevano proposto l’ampliamento del Parco, poi votata a maggioranza dalla Regione – per un totale di 1200 ettari sottratti così al cemento. A loro e alla Regione Lazio vanno le nostre congratulazioni.
Le motivazioni della sentenza della Corte (n. 276/2020) ci sembrano molto interessante per alcuni “parallelismi” con la vicenda del raddoppio dell’aeroporto di Fiumicino e del contestato – da AdR e ENAC – cambio del vincolo da Zona 2 a Zona 1 di una piccola porzione di pregio della Riserva con i diversi ricorsi al TAR (udienza prevista: fine di gennaio 2021). In particolare, in tutte e due le situazioni in gioco c’è una nuova perimetrazione che amplia l’area sottoposta a tutela ambientale a cui si oppongono società private che hanno progettato sull’area opere di edificazione e che ricorrono a tal fine al Tar.
Senza entrare in troppi tecnicismi ci pare infatti che la Corte conferma indirettamente quanto abbiamo sempre sostenuto nell’opporci al Raddoppio dell’Aeroporto e alla quarta Pista:
1. Scrive la Corte: l’aver fatto dei progetti edificatori, persino già approvati come nel caso delle società costruttrici del Parco dell’Appia, “non può impedire che un’area di pregio ambientale venga tutelata”.
Anche nel nostro caso, AdR/ENAC lamentano al Tar che il Ministero dell’Ambiente, approvando la nuova perimetrazione del 2013, non ha tenuto conto dell’esistenza del progetto di raddoppio dell’aeroporto, (anche se questo progetto a differenza del caso dell’Appia non era approvato né poteva esserlo come ha poi dimostrato la bocciatura della VIA di ottobre 2019 sul Masterplan 2030.
E anzi – cosa forse ancora più grave – non solo AdR/ENAC avevano elaborato un progetto di raddoppio senza tener conto dell’esistenza della Riserva (che esiste dal 1996), ma ENAC ha presentato il Masterplan 2030 ben quattro anni dopo che la nuova perimetrazione della Riserva era stata ormai approvata definitivamente, senza tener in alcun conto né della Riserva in genere né della nuova zona 1. Comportamento questo analogo a quello che la Corte sanziona quando afferma che il progetto edificatorio era stato presentato quando già si stava procedendo all’ampliamento del parco e quindi dell’area tutelata.
2. Per contestare l’estensione della tutela – scrive la Corte – il TAR “avrebbe dovuto contestare il pregio ambientale dei terreni oggetto della tutela “… “o illustrare un simile pregio ambientale dei terreni esclusi”.
E lo stesso dovrebbe valere nel nostro caso: ma né AdR, né ENAC hanno invece mai contestato il pregio ambientale della nuova zona 1 della Riserva.
3. Scrive inoltre la Corte: “è indubbio che la sottoposizione a vincolo ambientale […] mira a realizzare interessi di rango costituzionale, quali quelli protetti dall’art. 9, secondo comma, e dall’art. 32 Cost. (norme richiamate dall’art. 1, comma 1, della legge n. 394 del 1991), che questa Corte ha qualificato come «valori costituzionali primari» (sentenza n. 126 del 2016)”
E continua: “Alla realizzazione di questo obiettivo non può, all’evidenza, opporsi l’eventuale approvazione di un progetto di trasformazione edilizia, che, ove realizzata, metterebbe a repentaglio il pregio ambientale dell’area e si porrebbe quindi in contraddizione con l’avvenuto riconoscimento del suo valore. L’aspettativa edificatoria dei privati non può dunque essere considerata un elemento idoneo a impedire il pieno esplicarsi della tutela del bene riconosciuto di valore ambientale”.
In sostanza, il vincolo ambientale risponde a un principio costituzionale superiore ed è pertanto primario rispetto alle esigenze pure legittime di società costruttrici e, diciamo noi, di concessionari privati di beni pubblici.
Siamo certi che le nostre ragioni a difesa della Riserva e contro quarta Pista e Raddoppio – ulteriormente rafforzate da questa sentenza della Corte – non potranno che essere confermate anche dal TAR.
Comitato FuoriPISTA