“Ci saremmo aspettati una conferenza stampa in cui il segretario Letta, dato il risultato disastroso, annunciava le dimissioni non solo sue, ma di tutto il gruppo dirigente. Per dare una scossa ad un partito in evidente difficoltà, una sferzata necessaria”. È quanto dice il sindaco di Fiumicino Esterino Montino.
“Una conferenza stampa – prosegue Montino – in cui si annunciava la nomina di un reggente che traghettasse il partito verso il congresso. È necessario rompere la cappa correntizia che opprime le forze migliori del PD e che mantiene i soliti ai vertici da oltre 10 anni, passando da una sconfitta all’altra, senza mai una vera presa di coscienza degli errori fatti.
Invece di avere una reazione forte e immediata, una scossa vera, si pensa sempre di andare avanti con il solito tran tran. Un modo come un altro per perpetuare lo stesso gruppo dirigente. Non c’è paese democratico in cui il leader del partito sconfitto non si dimetta il giorno dopo. Questo mi sarei aspettato da un segretario che ha fatto dell’europeismo la sua cifra. Facciamo davvero una discussione sul congresso.
La dirigenza ha sbagliato tutto, a partire dalle alleanze. Prima ha liquidato in modo semplicistico il rapporto con il M5S seguendo l’elite dell’opinione pubblica e sottovalutandone il radicamento popolare.
Ha sbagliato il rapporto con i riformisti la cui presenza in coalizione, nonostante l’arroganza, avrebbe portato ad un risultato diverso.
Per non parlare delle parole d’ordine, dell’indicazione delle cose da fare. Una incomprensibile timidezza su passaggi epocali: lavoro, i diritti, le tasse, le questioni economiche.
Abbiamo oscillato tra il ballbettio e i grandi proclami lontani dalla necessità delle persone di comprendere in modo chiaro quale è il contenuto vero, la visione del Paese. Il partito se si vuole riprendere ha bisogno di essere completamente rinnovato.
I parlamentari eletti possono fare il loro lavoro senza per forza guidare anche il partito. Smettiamola con le triple e quadruple collocazioni che ingessano il partito. Si misurassero sui territori, ma lasciassero fare al partito la sua strada.
C’è una base giovane, una nuova classe dirigente di amministratori, militanti, attivisti a cui va dato spazio in modo deciso e convinto, se davvero si vuole ripartire e ridare vitalità al Partito Democratico”.