Le intercettazioni del Ros svelano la mediazione del capomafia palermitano tornato oggi in carcere per risolvere una querelle da 16 milioni di euro con una banca. Gli emissari della donna ritenevano di essere stati danneggiati dal politico.
Pubblichiamo l’articolo de La Repubblica di Salvo Palazzolo
Lontano dalla Sicilia, diceva di voler cambiare vita dopo la scarcerazione: il boss Giuseppe Guttadauro si era trasferito a Roma e faceva volontariato, ma era solo una messinscena, perché non aveva mai smesso di essere un punto di riferimento criminale. Non solo per Cosa nostra, ma anche per alcuni ambienti “bene” della Capitale. Le intercettazioni del Ros, che oggi hanno fatto scattare un nuovo arresto per l’ex aiuto primario del Civico diventato capomafia, hanno scoperto che a Guttadauro si era rivolta persino una facoltosa signora romana, Beatrice Sciarra, moglie di Giuseppe Mennini, chirurgo e già docente dell’Università “La Sapienza”. La donna avrebbe chiesto la mediazione del padrino per «ottenere la risoluzione di un contenzioso – scrive la gip di Palermo Claudia Rosini – che la vedeva pretendere dall’Unicredit un credito di 16 milioni di euro».
Guttadauro si diede subito un gran da fare, andando a parlare con diverse persone, fra cui il commercialista Giovanni Armacolas e l’assistente di volo dell’Alitalia Adriano Burgio, «che fungeva da mediatore con i dirigenti bancari», ricostruisce la procura di Palermo.
La spedizione punitiva
In cambio del suo interessamento, Guttadauro avrebbe ricevuto una lauta ricompensa, il 5 per cento sugli otto milioni pattuiti per la transazione. C’era anche un piano alternativo. Guttadauro meditava di «dare legnate» a una persona che impediva la mediazione: nelle intercettazioni, che risalgono all’inizio del 2018, ha fatto capolino il nome dell’ex deputato Mario Baccini, ex deputato e senatore dell’Udc, è stato ministro della Funzione pubblica fra il 2004 e il 2006 nel governo Berlusconi. Scrive la giudice di Palermo: «A dire di Armacolas, Baccini stava interferendo assieme all’ex consigliere di Stato Eugenio Mele, facendo riferimento a delle cause che la Sciarra aveva perso perché quelli avevano influito sui giudici». Il boss era risoluto: «Ecco perchè ti dico, se poi a Baccini gli si devono rompere le corna per davvero, glieli rompiamo. Non è che è un problema». E precisava: «Non è che ci posso andare io a rompergli le corna, è giusto? A me mi conoscono, ci deve andare uno che nemmeno conoscono, a me se mi fanno una fotografia, mi conosce mezzo mondo».
Guttadauro il gran mediatore, intercettato dai carabinieri del Ros grazie a un trojan piazzato nel suo telefonino. «Gli andiamo a dire a tre personaggi che devono finirla e poi facciamo discorsi? – diceva al commercialista Armacolas – Abbiamo altre cose più importanti per le mani, è giusto?». Il boss sollecitava il professionista a fissare un incontro con un avvocato dell’ufficio legale di Unicredit: «Quando avrai l’incontro me lo fai sapere, e io l’ho farò sapere a chi è che poi…».
Il complice
Guttadauro aveva una rete di complici. Il suo amico assistente di volo, Adriano Burgio, gli aveva garantito di aver ricevuto la telefonata «di quello della Camera dei deputati… è importantissimo». Così speravano di fare pressioni su Unicredit, per favorire la signora Sciarra. Burgio era molto legato a Guttadauro: «Poi ti faccio pure le delega – diceva – la delega a tuo figlio per prendere i soldi». Discutevano di alcuni conti correnti in Albania. Guttadauro voleva trasferire all’estero alcuni patrimoni («Non mi devi fare niente per ora – precisava – ti ho chiesto solo se abbiamo la possibilità»).
Ma era la questione Sciarra che stava a cuore al boss palermitano: «La signora si sente minacciata dall’Unicredit», diceva ancora Guttadauro all’amico assistente di volo. E spiegava il motivo del suo interessamento: «Non mi interessa la pubblicità… film… non mi interessa niente… io dopo 23 anni di carcere di cui gli ultimi 10 al 41 bis, a me non interessa fare la prima donna… ma per qualche soldo». E precisava di essere anche attento: «Io ho il parete del mio parente il più importante latitante che c’è… il secondo nel mondo… il più importante che c’è in Italia… ma tu perché pensi che mi stanno appresso? Per me?». Il fratello di Guttadauro, Filippo, è il cognato del superlatitante Matteo Messina Denaro.
Burgio era il nuovo contatto di Guttadauro con la politica: «Questo Armacolas è un professionista – disse un giorno il boss, mentre sorseggiava un caffè al bar, e intanto il suo telefonino continuava a fare da microspia – digli all’amico tuo se se lo mette nella lista e vediamo di farlo eleggere…. E abbiamo un altro là». Burgio prospettava qualche problema perché le liste erano state già presentate. E parlava pure di difficoltà per l’ottenimento di finanziamenti regionali. Quel giorno, Guttadauro gli rispose: «Se fossimo stati a Palermo ti direi: che ti serve? E te li farei portare a casa».