La lotta contro le malattie e la ricerca continua di mezzi per alleviare le sofferenze degli esseri umani è il tratto che ha caratterizzato in modo speciale la vita e l’impegno professionale del dottor Ugo Montanari, primo medico di Passoscuro – medico condotto, che l’altra sera ci ha lasciati.
L’ultima battaglia portata avanti con forza e audacia in questi ultimi anni, questa volta contro il “suo male”, lo ha sfibrato e l’ha annientato fino al punto di smorzare il suo spirito, la sua ironia e la sua grande capacità di alleggerire le tensioni tramite l’umorismo.
Ho avuto la fortuna di conoscere Ugo negli anni ’80, di essere stata in cura con lui per parecchi decenni, e mi ritengo onorata per essere stata accettata nella cerchia dei suoi amici. Di recente, nella fase avanzata della malattia, io e Walter abbiamo avuto l’opportunità di incontrarlo più volte e di raccogliere alcuni suoi ricordi.
Tutti coloro che lo hanno conosciuto condividono la mia convinzione: Ugo aveva un suo modo, tutto speciale, di approcciare i pazienti, di interagire con loro e di prendersene cura. Aveva un’attenzione speciale per le relazioni; personalizzava il rapporto con ogni paziente grazie alla sue capacità di ascolto autentico, una modalità di lavoro messa in atto con profonda consapevolezza.
Spesso infatti dichiarava che “per un medico ASCOLTARE con attenzione quello che dice il paziente è l’azione più importante per capire l’origine dei suoi disturbi e poter elaborare una diagnosi“. Il suo ascolto era quindi completo, in quanto Ugo era veramente interessato a comprendere, sia per le sua grande curiosità – che lo spingeva a conoscere, a continuare ad indagare su tutti i fronti (appassionato studioso della storia di Roma, degli indiani del Nord America, che spesso citava…) – sia per le finalità, che lui stesso attribuiva alla professione medica, “scelta” per dare un senso alla sua esistenza, al suo essere al mondo: combattere la malattia e il dolore per alleviare la sofferenze che fanno parte della vita di ogni uomo.
Mi piace ricordare che in uno degli ultimi colloqui ha definito il ruolo del medico come quello di “complice del malato nella lotta difficile contro la malattia”, un alleato strategico. Una definizione che ci fa intuire l’altra sua grande virtù: la compassione, nel senso di saper comprendere la sofferenza: la capacità empatica di sapersi mettere nei panni dell’altro.
Ci sarebbero ancora molte cose importanti da dire… ma in questo momento, come amica, il dolore della perdita è troppo grande per proseguire.
Questi presentati, sono soltanto alcuni dei tratti comportamentali che caratterizzavano la sua grande umanità: il rispetto della dignità umana, del bisogno di verità e di solidarietà tra esseri umani che condividono la stessa condizione.
Questa forse è “la formula” per un medico “diverso”, “speciale”, capace di AIUTARE?
Un celebre medico psichiatra Elisabeth Kubler- Ross, ha scritto: “Senza usare la testa, il cuore e l’anima non si può aiutare nessuno. Questo mi hanno insegnato i così detti pazienti inguaribili….”
di Luigia Acciaroli