Dall’8 al 10 aprile cinque studenti dell’IIS Leonardo da Vinci di Maccarese (Davide Filippi e Alessia Podestà del V B, Francesco Borniquez e Benedetta Padovani del V E e Riccardo Manzi del V A), accompagnati dalla prof.ssa Francesca Turchi, hanno preso parte al Viaggio del ricordo organizzato dal comune di Roma come momento di riflessione e approfondimento della storia del confine orientale.
Il viaggio è iniziato con la visita al Sacrario Militare di Redipuglia, che custodisce le spoglie di più di 100.000 caduti della Grande Guerra, e alla trincea blindata costruita nelle immediate vicinanze.
Appena giunti a Trieste siamo stati portati a visitare il memoriale ai caduti della Prima guerra mondiale e a vedere le trincee usate dai soldati durante il conflitto.
Descrivere questa esperienza a parole è complicato: trovarsi di fronte a un monumento immenso la cui fine è impossibile vedere a causa della prospettiva, sapere che la sua superficie è completamente incisa coi nomi di tutti i militari defunti mi ha lasciato una sensazione difficile da digerire. A pochi passi da esso siamo entrati nelle trincee, nelle quali, soprattutto a causa di quanto il marciare dei soldati aveva smussato il pavimento di roccia grezza, ho potuto sentire il peso della morte che aleggia nei luoghi in cui si è combattuto. (Davide Filippi V B)
Nel Museo di carattere nazionale di Padriciano, campo destinato agli esuli del dramma giuliano-dalmata, abbiamo potuto conoscere la dura realtà della vita dei profughi in quello che è l’unico campo rimasto degli oltre cento che vennero allestiti per accogliere gli esodati.
Il nostro viaggio è proseguito con la visita Magazzino 18, nel porto vecchio di Trieste, in cui è ancora oggi conservato ciò che gli esuli furono costretti ad abbandonare.
L’esperienza all’interno del magazzino 26, ex magazzino 18, vuoi per l’atmosfera, vuoi per il fervore del racconto del direttore, mi ha consentito di fermare il tempo e di riflettere. Riflettere sulle decine di volti senza nome, senza titolo; riflettere sulla malinconica tenerezza racchiusa in una lettera di una figlia per la sua adorata nonna; riflettere sul fatto che migliaia di uomini, donne e bambini sono stati costretti a lasciare tutto per lanciarsi verso un mondo ignoto.
In quel reliquiario, dove il silenzio è assordante, sono depositate le masserizie degli esuli istriani: quadri, mobilio, tegami, lettere, foto, ceramiche, libri, vestiti, sedie; ma quante sedie … accatastate e incastrate l’una con l’altra a formare una nube tormentata, un rumore confuso che, personalmente, ho interpretato come un modo di comunicare l’innumerevole quantità di uomini coinvolti in questo esodo.
Il viaggio in quel luogo mi ha permesso di conoscere le storie di Norma, del prete Francesco, di una donna rimasta pietrificata dalle lacrime e di tante altre persone, di cui conosco solo il volto o solo il nome, le cui vite sono state tranciate dagli eventi storici.
Insieme ai compagni, abbiamo osservato, toccato con mano e analizzato nei minimi dettagli i rimasugli di una città nella sua sfera più intima e, anche se impossibile, abbiamo fatto il tentativo di immedesimarci nei loro trascorsi. Le emozioni sono state estremamente intense e più e più volte ho sentito il pavimento sgretolarsi sotto di me e il respiro mancare. Non posso fare altro che ringraziare per aver avuto l’opportunità di aggiungere al mio puzzle questo nuovo pezzo per il quale, come richiesto dalle stesse guide, mi impegnerò affinché possa essere tramandato. (Riccardo Manzi V A)
Visitando questo luogo abbiamo avuto l’occasione di conoscere la storia degli esuli e dei morti istriani. Il direttore del luogo è riuscito a raccontare una storia così commovente che rimarrà sicuramente nel cuore di tutti noi; le violenze e le stragi, come quella di Vergarolla del 1946 in cui morirono cento italiani, tra cui molti bambini, non verranno dimenticate. Quasi ottant’anni di lacrime sono state versate per le morti atroci e per la sofferenza degli esuli. Con questa esperienza però questi sentimenti vivranno nella memoria di noi studenti, proprio ora che la storia si ripete, con gli stessi meccanismi, in luoghi come Gaza e l’Ucraina. Noi tutti siamo chiamati a impegnarci per evitare che simili tragedie distruggano l’umanità. (Benedetta Padovani V E)
Il viaggio ci ha portato poi a visitare la Risiera di San Sabba. “Non uscite dal campo uguali a come siete entrati” si è raccomandato con noi l’assessore durante la cerimonia istituzionale alla Risiera di San Sabba.
La visita è stata indubbiamente un’esperienza toccante e che rimarrà indelebile, nonostante la sua breve durata: le aree visitabili sono relativamente poche e gran parte delle strutture sono state distrutte dai nazisti, ma varcando quei cancelli è in ogni caso impossibile non rimanere profondamente colpiti.
Visitare la Risiera vuol dire toccare con mano una delle più grandi tragedie della storia umana ed avere la prova che tale sofferenza si è consumata anche in territorio italiano.
Personalmente, uscito di lì, mi sono sentito davvero diverso: l’olocausto non è, come potrebbe sembrare limitandosi a studiarlo sui libri di storia, un passato lontano nello spazio e nel tempo, ma è una realtà spaventosamente vicina, di cui è importante avere non solo memoria ma anche consapevolezza. (Francesco Borniques V E)
Altra tappa del nostro viaggio attraverso la storia del confine orientale è stata la visita alla foiba di Basovizza.
Durante il nostro viaggio, abbiamo avuto la possibilità di visitare la foiba di Basovizza, luogo della memoria per le famiglie degli infoibati. Nell’animo degli studenti, un sentimento di triste rabbia è prevalso, rabbia di sapere che migliaia di persone sparirono senza lasciare traccia della loro sorte, provare indignazione nel sapere che vite sono state negate e speranze sconvolte. Con questa esperienza, in tutti noi studenti si è certamente accresciuta la consapevolezza e il rispetto verso tanti nostri uomini e donne morti perché italiani e perché volevano continuare ad esserlo.
Ricordare persone e cose, grandi storie e piccoli avvenimenti: è questa la responsabilità che ci è stata affidata durante il viaggio del ricordo. Continuare a testimoniare per non dimenticare, per non abbandonare all’oblio questa tragedia. (Alessia Podestà V B)
Fonte: IIS Leonardo da Vinci