Comprare pesce locale, quindi non d’importazione. Prediligere vini laziali e materie prime di produttori della filiera chilometri zero. E poi se qualche volta si guadagna di meno, non importa: “Quel che conta è non far mangiare agli altri quello che non mangerei io”. Quella di Carmine Di Bianco non è una politica aziendale semmai una filosofia di vita. Socio Slow Food, docente di didattica sul pesce a Eataly, da diciassette anni gestisce “Pinzimonio”, un locale a pochi metri dal lungomare di Fiumicino. Qui divide la cucina con un partenopeo, Antonio, capace di far capitolare chiunque con pochi millimetri di caprese. In realtà questo locale, tra spezie profumatissime ricercate nei quattro angoli del pianeta e “pesce povero”, sembra piuttosto la cucina di casa. Tovaglie a quadri e coltelli che tagliano, da Carmine una cosa è certa: si viene per mangiare bene. Dalla minestra con l’arzilla, alle alici panate e fritte non è raro ritrovarsi a dire: “Così lo cucinava mia nonna”.
Un “effetto memoria” voluto che riscuote più successo tra gli adulti che fra i giovani. “La nostra mentalità è chiara – spiega Carmine – vogliamo sapere esattamente cosa mettiamo nel piatto dei nostri clienti. Per questo preferisco il pesce azzurro a quello di allevamento. Per lo stesso motivo non servirei mai un pesce cresciuto, magari, in una vasca in chissà quale parte del pianeta fra antibiotici e disinfettanti. Non che gli allevamenti siano tutti così, per carità, ma purtroppo di casi simili ne abbiamo sentiti”.
Conseguenza naturale di questo ragionamento è la ricerca costante di prodotti ittici del Mediterraneo, usciti dai menù di molti altri ristoranti ma tipici della tradizione siciliana, campana e ligure: pesce sciabola, maccarelli, palamita e alletterato. Fra i piatti forti di Carmine ci sono i paccheri con polpo, rosmarino e pecorino. Ma anche gli spaghetti con le telline: semplici solo apparentemente. “Per gli spaghetti servono solo tre ingredienti – dice Carmine – olio d’oliva extravergine, pasta e telline. Le telline le preferisco locali, sono più buone e gustose. La pasta rigorosamente e solo di grano italiano. Non accetto compromessi sulla pasta. La pago qualcosa in più ma non saranno quei pochi centesimi a farmi servire una pasta di un grano cresciuto tra ogm e pesticidi”.
A chi poi gli chiede “Ma non si guadagna di più risparmiando sul costo della materia prima?”, risponde: “No. Il risparmio non si fa sull’acquisto della materia prima ma si vede dal secchio della spazzatura. Con mestiere, fantasia e tempo si usa quasi tutto il pesce. Si butta pochissimo e alla fine la differenza con chi risparmia sulla qualità è ininfluente. Al contrario, se si fa una spesa responsabile si può persino cambiare il pianeta”.
2017-08-17