Spesso non si manifesta con gesti plateali ma è un tipo di sopraffazione sottile, non uccide ma spegne. Lo sportello antiviolenza I-Dea della cooperativa BeFree è un grande riferimento
di Alessia Asuni
I numeri delle vittime di violenza domestica ci spaventano ma da alcuni anni di violenza di genere si parla e si interviene attraverso iniziative di sensibilizzazione e prevenzione, con una rete di supporto alle vittime e attraverso il sistema normativo. Come il Codice Rosso, la legge del 19 luglio 2019 n. 69, che introduce nuovi reati, inasprisce le pene di quelli esistenti con una corsia preferenziale per accelerare i procedimenti penali. In 8 casi su 10 le donne muoiono per mano di un partner, l’ex o familiare. La forma di violenza più diffusa è proprio quella domestica nella quale sono coinvolti più soggetti tra i quali i bambini, spettatori involontari di uno scenario che cambierà le loro vite, i loro caratteri e il corso delle loro strade una volta cresciuti. La violenza è spesso sommersa e si presenta sotto forme diverse: violenza psicologica, economica o maltrattamento. La vittima di violenze domestiche non ha età, classe sociale o etnia. Per violenza psicologica s’intende, infatti, una forma subdola di maltrattamento che mina il valore personale, il senso di identità, la dignità e l’autostima di un’altra persona. Non emerge con gesti plateali ma è continua e latente, un tipo di sopraffazione che trasforma la vittima in un funambolo che cammina in bilico tra l’ansia di scatenare reazioni e l’annichilimento totale dei suoi desideri e obiettivi. Quando la violenza non uccide spegne. Spegne il sorriso di una donna solare, offusca gli obiettivi di una donna determinata e risoluta, le speranze e i progetti. Perché la si possa riconoscere e quindi contrastare si devono leggere dei tipici atteggiamenti inconfondibili e non avere remore a parlarne con chi ha una visione più distaccata e obiettiva.
Il Comune di Fiumicino è sempre stato sensibile al tema e quindi mi è sembrato doveroso incontrare la responsabile della cooperativa BEFREE che dal 2018 ha aperto il centro antiviolenza I-Dea che opera nel settore della prevenzione e del sostegno delle donne che hanno vissuto violenze e abusi, o che hanno assistito a violenze contro la propria madre. Il centro antiviolenza è un luogo dove le donne in difficoltà possono acquisire consapevolezza di ciò che stanno vivendo, capire che non sono le sole e conoscere le alternative. Uno spazio dove si respira la sinergia tra le operatrici specializzate e le istituzioni per una nobile causa: permettere alle donne di potersi rimpossessare della loro libertà. In primis quella di pensiero. Un luogo, che si trova alla Casa della Partecipazione in via del Buttero 3 a Maccarese, operativo 24 ore su 24, aperto a tutte, anche coloro che non risiedono nel Comune di Fiumicino.
È qui che vengono accolte richieste di sostegno, orientamento e supporto, dove le donne vengono accompagnate nel percorso di uscita da un rapporto insano e da persone che minano la serenità di un intero nucleo familiare.
Il centro offre diversi servizi: ascolto telefonico, ascolto telematico, colloqui di sostegno psicosociale, orientamento e consulenza legale, attivazione della rete territoriale (servizi socio-sanitari, forze dell’ordine, avvocate, tribunali, altre istituzioni), attivazione delle procedure per ospitalità di emergenza e protezione.
Il colloquio è svolto in ottica generale, non giudicante, protetto, dove si possono trovare ascolto, informazioni e sostegno. A ogni donna vengono forniti gli strumenti per operare un cambiamento e immaginarsi in modo concreto in una realtà differente. In sostanza le si offre una strada di uscita dalla solitudine in cui è stata fatta sprofondare. Per poter interrompere questo ciclo di violenza intergenerazionale è opportuno puntare anche sulla prevenzione, cosa che la cooperativa Be Free già sta operando sul nostro territorio, per creare appuntamenti, non sporadici, ma sistematici con le istituzioni scolastiche per dar luogo a un programma di sensibilizzazione dei docenti e degli alunni.
La responsabile di Be free non è solita utilizzare il termine “vittima”, preferisce parlare di donne in difficoltà quasi a voler circoscrivere a livello temporale quel periodo della vita in cui si trova una donna. Ma sottolinea la ferma convinzione che quel periodo possa finire e se lo si vuole si può ricominciare a scrivere le pagine della propria vita. “Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici”, diceva Kahalil Gibran.