Nato nel 1950 è arrivato alla terza generazione con Stefania e Simone. Un locale bello, accogliente, luminoso, con veranda panoramica sulla scogliera. Una cucina di mare e non solo sorprendente per qualità, offerta e prezzi, tutta da scoprire, anche per i residenti del litorale
Una storia bella quella della famiglia Tucciarone e importante, visto che ha superato da poco la boa dei 70 anni, un traguardo che poche famiglie di imprenditori possono vantare oggi a Fiumicino. Dice un vecchio proverbio: “La prima generazione crea, la seconda, se è brava, conserva, la terza distrugge”. Fa eccezione e alla grande Il Moro, un ristorante al top della sua evoluzione, tutto da scoprire, anche per i residenti del litorale. Diceva sempre Remo, il papà di Stefania scomparso lo scorso agosto: “Al ristorante più gli dai, più lui ti da”. Una regola d’oro, seguita tutti i giorni dai gestori, come si vede dalla cura dei dettagli e da piccoli particolari in grado di fare la differenza. Un locale sempre in movimento dove ogni tanto si cambia qualcosa, lampadari, bicchieri, sedie, molto scenografico anche l’acquario tropicale all’ingresso, la passione di Simone.
Tutto inizia con Angelo Tucciarone, “il Moro”, come veniva chiamato per il colore della sua pelle bruciata dal sole. Come tanti pescatori arriva da Minturno, si stabilisce a Fiumicino e si dedica alla cattura, con piccole reti e nasse, di crostacei, seppie, mazzancolle. Angelo è intraprendente e dopo la guerra apre un piccolo chiosco dove vende il pescato freschissimo mentre la moglie, Maria Ciaraldi, comincia a fare qualche spaghetto per i turisti che vengono al mare nel fine settimana. È l’inizio dell’avventura e la prima concessione sarà intestata proprio a Maria. Dalla loro unione arrivano cinque figli, due femmine e tre maschi, dopo aver fatto la loro parte aiutando mamma e papà al chiosco, ciascuno prende la sua strada. Uno, però, rimane, è Remo che prende il timone e inizia ad ampliare il chiosco, con lui arriva il vero ristorante aperto nel 1950. Una struttura che, con continui miglioramenti, arriva fino al 2003 quando, un incendio causato da un cortocircuito, la distrugge completamente mentre i Tucciarone sono in ferie. Altri forse avrebbero rinunciato, ma non Remo e la sua famiglia, che ripartono da capo a testa bassa e piano piano “con la fiducia delle persone con cui lavorava papà – racconta Stefania – dalle macerie siamo riusciti a ripartire. Poi nel 2010 abbiamo rilevato l’attività io e mio marito, Simone Maggi”.
Oggi il locale si sviluppa su 300 mq, tre cucine spaziali piene di macchinari di ultima generazione. E nonostante i grandi spazi è stata fatta la scelta di limitare i posti a tavola: “Prima per il Covid ma poi come filosofia di accoglienza, abbiamo deciso di ridurre il numero – spiega Simone – cento persone all’interno e sessanta nella veranda coperta. Posti distanziati, maggiore privacy, ma soprattutto la possibilità di seguire meglio la clientela curando ogni piatto”.
La qualità invece della quantità, una scelta precisa. Non l’unica, perché Il Moro è in continua evoluzione, specie nell’offerta del menù delle pietanze e della carta dei vini, visto che Simone è un sommelier. “Abbiamo investito tanto nella formazione e nella qualità – spiegano insieme Stefania e Simone – inserito nello staff chef e personale giovane con voglia di creare, crescere e realizzarsi. Acquistato macchinari moderni con cotture a bassa temperatura e sottovuoto, abbattitori speciali ad altissima potenza. Facciamo noi il pane ogni giorno, anche alla curcuma, alle noci, alle olive, allo zafferano, servito sempre tiepido a tavola. Persino la pasta è fatta in casa, tonnarelli, fettuccine, paccheri rigati e tanto altro, utilizzando solo le migliori farine come quella del Senatore Cappelli”.
Nel 2020, dopo il primo lockdown, è stata realizzata un’altra cucina climatizzata vicina alla veranda, dedicata esclusivamente ai crudi di pesce e al sushi, preparato al momento con personale specializzato che ha seguito corsi fatti dai migliori professionisti del settore e un menù dedicato realizzato in collaborazione con “Rocha Sushi”. I prodotti acquistati sono i migliori in circolazione, se l’Asta del pesce locale è un punto di riferimento, non mancano eccellenze e specialità provenienti dal resto d’Italia e dal Mediterraneo.
La scelta dei piatti è veramente molto ampia: “Abbiamo tutti i classici – spiega Simone – primi tradizionali, come lo spaghetto alle vongole, il risotto alla crema di scampi, il risotto alla pescatora, ma tante innovazioni tipo la “cacio e pepe con il battuto di gamberi rossi”, un piatto che sta andando tantissimo. Così come i “ravioli ai crostacei o agli scampi al profumo di agrumi”, altra gran bella preparazione. Cambiamo settimanalmente il menù, in relazione a quello che offre il mare e l’orto, se troviamo i ricci di mare serviamo la loro polpa con la stracciatella. Con le seppie appena pescate facciamo i tagliolini fatti in casa al nero di seppia oppure le tagliatelle di grano saraceno con ombrina, datterini e spinacino”.
Il Moro è sì un ristorante di pesce ma non lascia indietro nessuno: matriciana, carbonara, pasta pomodoro e basilico o cotolette per i bambini, non mancano mai. Tra i secondi spettacolari per fragranza e leggerezza la frittura di paranza con i gamberi rosa locali e la grigliata mista. “E grazie alla bassa temperatura stiamo sperimentando tranci di salmone con verdure grigliate, oppure la coda di rospo alla cacciatora – aggiunge Stefania – su ordinazione di almeno due giorni prima prepariamo anche la zuppa di pesce sempre con pescato rigorosamente locale”.
Spettacolari anche i dolci, grazie alla pasticceria interna: tiramisù in vari gusti, il classico ma anche alla nutella, alle fragole e all’amaretto, zuppe inglesi, tradizionali fatte al bicchiere, torta della nonna e tante altre varie monoporzioni. E da una pasticceria artigianale di Napoli arrivano specialità tre volte alla settimana, dolci ricotta e pera, babà, pastiera, profitterol. E se ci fosse ancora spazio alla fine del pasto, da provare anche la pasticceria secca di Rossella, che prepara anche il pane, con tozzetti, ciambelline al vino, biscotti offerti in abbinamento a passiti scelti da Simone.
Il regista della carta dei vini, accurata come poche, grande scelta con almeno 60 etichette tra fermi e bollicine, acquistate direttamente dalle aziende produttrici. “Mi piace cercare produttori di qualità in giro per l’Italia – racconta Simone – ho fatto un accordo con la Nestore Bosco, una ditta di Pescara, per un ottimo Pecorino. Lo proponiamo come vino della casa a 8 euro a bottiglia da 750 cl, i margini di guadagno sono minimi ma ci aiuta a non far salire il conto. Tra antipasti, primi, secondi, bisogna impegnarsi per trovare nel menù un piatto sopra i 16 euro, per una spesa finale che non supera mai i 50 euro a persona, bevande comprese, prendendo anche più portate. “Quello che papà ci ha sempre insegnato è cercare di avere il miglior rapporto qualità/prezzo”, precisa Stefania.
Proprio all’ingresso, a rendere ancora più affascinante la sala interna, c’è il grande acquario, la passione di Simone. Un piccolo gioiello tecnologico capace di ricreare le condizioni ambientali ideali per flora e fauna ittica presente e un sistema di illuminazione speciale.
Tradizione e innovazione, senza strappi, forse è proprio questo che ha permesso a Il Moro di attraversare decenni non semplici arrivando in ottima forma ai giorni nostri. Merita una visita, specie se non lo si conosce, sarà difficile dopo non tornare a trovare Stefania e Simone.
Aperto a pranzo e a cena, via dei Lucci 20 – Fiumicino, giorno di chiusura il lunedì, per prenotazioni: tel. 06-6505645 – 06-6507255, www.ristoranteilmoro.eu.