Punto di svolta nella vicenda del sequestro dei chioschi sul litorale del Comune di Fiumicino. Con la sentenza n. 2974 del 29 maggio il Consiglio di Stato, ribaltando un precedente pronunciamento del Tar del Lazio, ha di fatto legittimato l’istituto della “convenzione” con il quale il Comune aveva affidato ai 15 concessionari dei chioschi la spiaggia e i servizi previsti del bando del 2002.
Era proprio la legittimità di questo titolo ad essere messa in discussione dalla Procura di Civitavecchia e dai giudici delle indagini preliminari che nei mesi scorsi, ritenendo idoneo la sola “concessione” con cui l’amministrazione comunale aveva affidato ai gestori i 40 mq adibiti a manufatti coperti, aveva proceduto al sequestro preventivo di tutto ciò che risultava “eccedente” in diverse strutture balneari tra Focene e Fregene. Passerelle, tettoie, torrette, docce, persino i bagni pubblici comunali, tutto finito sotto sequestro preventivo. Ora la svolta: dal massimo organo della giustizia amministrativa arriva un disco verde destinato a fare ovunque giurisprudenza.
Il ricorso, discusso il 4 marzo scorso, era stato presentato da un chiosco di Passoscuro, il Moai, e dal Comune di Fiumicino, contro la decisione del Tar del Lazio che aveva accolto l’impugnazione di atti, autorizzazioni e della stessa convenzione comunale, da parte della titolare di una abitazione confinante con quel chiosco.
“Il Consiglio di Stato ha riconosciuto la legittimità della convenzione – dichiara l’avvocato che ha rappresentato il Moai, Adriano Tortora, docente di diritto amministrativo di Unilink – stabilendo anche che un concessionario non è un privato qualsiasi e che i servizi minimi previsti per le spiagge a libera fruizione costituiscono un onere per l’amministrazione comunale, tenuta ad approntarli, e un obbligo a carico del concessionario prescelto di presidiare anche la spiaggia libera di 2.000 mq”.
Se gli effetti della sentenza saranno prevalentemente amministrativi, è difficile pensare che non ci siano conseguenze anche per l’inchiesta penale in corso della Procura di Civitavecchia che su quel “sine titulo” aveva fondato il suo presupposto.
Nelle ultime settimane le redazioni dei giornali, quelle del Comune e perfino del premier Renzi, sono state inondate da centinaia di email di protesta da parte dei dipendenti dei chioschi che, con l’arrivo dei sigilli, rischiavano di perdere il posto di lavoro. Ora questa sentenza che sembra destinata a cambiare completamente il quadro generale.