Nella Giornata dedicata alle Donne abbiamo intervistato una giornalista, donna, amica di Q-Fiumicino e conosciuta al grande pubblico per il suo lavoro nel tg di Canale 10 e programmi dedicati al Comune di Fiumicino come Gente di Fiume, Glocal e Dillo a Montino. Oggi saremo noi ad intervistare Mara Azzarelli cercando di conoscere qualcosa in più di lei.
Buongiorno e buon 8 marzo.
Buongiorno e grazie!
È una Giornata a cui tiene molto?
Sì, molto. E penso dovremmo tenerci tutti. 
Perché? 
Perché viviamo in un paese dove le donne vengono fortemente penalizzate nel mondo del lavoro malgrado siano quelle che studiano di più e ottengono risultati migliori, vengono ingabbiate da barbari stereotipi nella società e purtroppo perché viviamo in un paese dove solo l’anno scorso sono morte 116 donne per mano di ex mariti, ex fidanzati e in generale per mano di corteggiatori rifiutati. L’8 marzo è una giornata simbolica, utile a fare il punto di battaglie che portiamo avanti tutti gli altri giorni dell’anno.
Hai mai subito ingiustizie per il fatto di essere donna?
Si, svariate. Diciamo che in 20 anni di lavoro ho visto più uomini poco capaci diventare capi che donne brave promosse. Al di là di questo purtroppo sono anche molte le donne che tendono ad affidarsi a vecchi modelli culturali, che non lasciano spazio ad altre donne e in generale spaventate dall’idea di cambiare lo stato delle cose. Siamo un po’ vittime e un po’ carnefici di noi stesse, insomma.  Aggressioni, violenze e fenomeni più gravi? Le sono capitati?
Diciamo che qualche minaccia verbale l’ho ricevuta e qualche dito puntato in faccia con tanto di “comando io” è capitato. Mi sono difesa con gli strumenti civili che erano consentiti. Fatti di poco conto. Ma ci tengo a sottolineare come fossero sempre uomini visti all’esterno come: pacifici, professionisti, rispettosi etc… Malgrado anni di cronaca, non parlo di criminali ma di uomini in giacca e cravatta. Questo voglio dire.
Parliamo di esempi belli. Cosa le viene in mente. 
Mi vengono in mente diverse imprenditrici che si sono fatte da sole e che nelle loro aziende creano, trasformano e innovano. Mi viene in mente la giovane Greta Thunberg che si batte per il pianeta. Penso però anche a tante donne comuni che portando avanti le loro battaglie quotidiane in nome del rispetto e della parità di genere praticano “Resistenza” un po’ per tutte noi.
Esempi nelle istituzioni?
Al di là di quel che si dice, tanti anche qui e non sempre vengono da generazioni più lontane. Per esempio di recente sono rimasta molto affascinata da una Legge della Regione Lazio per incentivare lo studio delle materie scientifiche fra bambine e ragazze. Una legge, la prima firmataria della proposta è una donna Michela Di Biase del Pd, che mira a ridurre un gap che preclude una fetta importante del mondo del lavoro alle donne. Penso anche alla deputata Chiara Gribaudo che si batte da anni per la parità salariale fra uomo e donna nel mondo del lavoro. Ma anche a Monica Cirinnà con tutto quel che ha fatto e che fa per i diritti dei gay. Negli ultimi anni ha fatto un ottimo lavoro anche Mara Carfagna con la legge contro lo stalking.
Molti dei suoi riferimenti sono nel centrosinistra dove, comunque, a prescindere dai modelli culturali ancora si fatica ad accogliere delle leader donna. Cosa che invece a destra si fa per esempio con la Meloni.
Si vero la leadership della Meloni – sebbene io non la ritenga una donna portatrice di modelli nuovi sia nella sostanza (valori e metodi) sia nella comunicazione dei messaggi politici – con il ruolo che riveste è il promemoria quotidiano di un centrosinistra ancora schiavo di modelli vecchi. Però credo anche che qui la faccenda meriti letture più ampie. Leadership vuole dire anche potere. Cederla significa rischiare di perderlo. E si sa, a sinistra il potere lo sanno maneggiare. Credo che per un’ampia fetta del centrosinistra italiano, per citare De Gregori, siano meglio i “vecchi amici” maschi che le brave colleghe donne. Che non è esattamente una questione di genere, semmai di autoconservazione.